Lighting Designers 8 - Giordana Arcesilai

 

Ciò che è fatto con BUONA luce è fatto bene 

La prima intervista del numero di settembre del blog Studio Due è dedicata a Giordana Arcesilai, architetto e lighting designer indipendente che si dedica a tutti gli aspetti della luce con un focus particolare su architettura, progettazione urbanistica, product design e marketing.

Quando e come ha manifestato interesse per l’illuminazione? 
Solitamente mi descrivo come “nata nella luce” perchè è indelebile la frequentazione fin da piccola dello showroom di illuminazione di mio padre Giocondo Arcesilai a Bologna, pioniere nel proporre lampade di design lanciando il moderno in Italia.

Negli ultimi anni la geografia urbana delle nostre città è molto migliorata anche grazie ad un’illuminazione più efficiente e confortevole e all’ottimizzazione dei costi di esercizio e gestione. Quali miglioramenti potrebbero ancora essere apportati per garantire una illuminazione di qualità all’ambiente urbano?
La geografia urbana delle nostre città è migliorata ma non ovunque. Si assiste spesso negli ambiti urbani a progetti standardizzati che snaturano i luoghi perché hanno come unico obiettivo l’efficientamento.
Nel contempo, è deprimente vedere nel nostro paese i posti turistici più belli al mondo come le coste, dove tutto è perfetto nella cura delle case e dei giardini, trascurati nella luce prodotta da lampade di vecchia generazione, non a norma L.R. contro l'inquinamento luminoso, con temperature colore diverse e talvolta spente.
La  luce non è solo efficientamento ma un mezzo, un'occasione  per creare  un paesaggio notturno, un’atmosfera che poi resta impressa ai visitatori, un’operazione anche di marketing territoriale. Bisogna quindi uscire dallo standard ed ascoltare i luoghi, ognuno diverso dall’altro e con la propria bellezza.
Non posso esimermi dal fare accenno al difficile anno che ci ha visti tutti coinvolti e nel corso del quale, simultaneamente,  tutto il mondo si è reso conto dell’importanza del mondo naturale.
Siamo un po’ più indietro per quanto riguarda la luce anche se c’è qualche sporadico segnale, soprattutto da piccole realtà, luoghi non turistici dove giovani sindaci ed assessori  intendono utilizzare al meglio la luce a beneficio di coloro che vi abitano.
Ad esempio di recente mi sono trovata, in collaborazione con la mia collega paesaggista  Simona Ventura che ha curato l’ambientazione, a lavorare all’illuminazione di un olmo secolare, l’ “Olma”,  crollato e poi messo a dimora in un parco a Campagnola Emilia, in provincia di Reggio Emilia. Qui ho necessariamente usato il colore creando una sorta di fuoco rassicurante sottostante, ma in futuro, volendo, con il sistema di gestione adottato  anche la gente del luogo potrà interagire tramite un’ app.

Le nuove tecnologie applicate agli apparecchi di illuminazione hanno reso le nostre città più vivibili e sicure comportando una evoluzione della luce che non ha più esclusivamente la funzione di illuminare. L’illuminazione può contribuire a creare migliori condizioni di benessere rafforzando anche inclusività, legami sociali e senso di appartenenza al territorio? 
Certamente ed è in questi ambiti che mi piace lavorare, per rigenerare certi luoghi; d’altronde anche il movimento Social Lighting (fondato nel 2006, a Manchester, dal lighting designer inglese Martin Lupton, il movimento ha lo scopo di stimolare una discussione sul lighting design a livello urbano, sociale, fornendo un esempio concreto di ciò che si potrebbe ottenere con un’illuminazione adeguatamente progettata) ha fatto e sta facendo tanto.
Non possiamo dimenticarci dei luoghi durante la notte, ma anzi è opportuno trasformarli in salotti urbani, un modo per allontanare la criminalità. Proprio qualche sera fa per un nuovo lavoro, mi sono fermata sul luogo, a Malalbergo, piccola realtà tra Bologna e Ferrara, ad osservare dove si riuniscono i giovani, dove attraversano le aree verdi in bicicletta, con cosa interagiscono. Qui creerò un’illuminazione scenografica in una piccola piazza dove sono presenti due sculture; un’illuminazione emozionale sul monumento ai caduti, con colorazione rossa, mentre proietterò il testo dell'altra scultura sul pavimento, un gioco di luce che diventa anche “didattica”. L’obiettivo è fare diventare questa piccola piazza nel verde un ritrovo di qualità anche la sera.
Anche due miei lavori per le acque bolognesi hanno avuto questo duplice obiettivo. Il primo, la Chiusa di San Ruffillo a Bologna.  Davanti ad essa la strada e parallelamente un percorso pedonale ben realizzato ma che di sera risultava un po’ alienante.  Da quando ho illuminato i getti d’acqua e sul muraglione ho creato un effetto d’acqua in movimento, ho accompagnato questa passeggiata in maniera piacevole distogliendo l’attenzione dalla strada. La gente scatta foto e sicuramente si interrogherà sulla storia di questa opera idraulica.
Il secondo, un breve tratto di canale  (Canale di Reno) presente ancora oggi in centro a Bologna, dove ho giocato con riflessi sull’acqua, con l’illuminazione calda dei sottarchi dei ponti, e un video che narra la storia degli antichi mestieri, proiettato su un muro di nessun interesse.

Quali possono essere i rischi della sovra-illuminazione da un punto di vista biologico e ambientale?
Rischi per la fauna perchè si utilizza la luce dove non necessario e sorgenti fredde (a questo proposito ci sono studi legati alle temperature colore meno dannose, sui toni ambra), per l’osservazione del cielo notturno con conseguente spreco energetico e rischio per il vicinato con la luce intrusiva.
Aggiungo un rischio visivo nell’osservazione dell’architettura, perché le leggi contro l’inquinamento luminoso hanno portato anche a progetti mal fatti, con ottiche cut-off sulle facciate che stravolgono la percezione dell’architettura, tanto da farci rimpiangere le vecchie lanterne in certi ambiti come vicoli stretti.

Quale è, secondo lei, il maggiore ostacolo sia in Italia che in Europa al riconoscimento di questa figura professionale? 
La cultura formativa di base e il trend innescato e radicato che vede in pole position chi vende o installa. 
Un importante passo l’uscita nel 2016 della UNI 11630 sui criteri per la stesura del progetto illuminotecnico, che fa un giusto distinguo tra progetto elettrico ed illuminotecnico riconoscendo l’importante ruolo di quest’ultimo.
Personalmente tramite i miei corsi rivolti a progettisti ma anche a  venditori, cerco di sensibilizzare verso la  luce, la storia del design e dei suoi pionieri; è stato un mio desiderio di mettere in fila le cose, in un mondo dove stanno prendendo il sopravvento interventi che mortificano l’effetto luminoso.
Allora partiamo da capo, dalla storia e cultura della luce. Saper utilizzare un programma di calcolo non è sufficiente, qual è il procedimento per le idee? Da qui si parte, con la conoscenza degli effetti luminosi. 

Lighting Designers 7 - Alexis Croft