Lighting Designers 2 - Marco Petrucci
 

Per noi di Studio Due è un grande piacere incontrare lighting designer con cui condividere la loro visione, idee ed esperienze!
Il secondo capitolo della nostra rassegna è dedicata all’intervista a Marco Petrucci, lighting designer italiano formatosi alla scuola dell’Architetto Piero Castiglioni stimato come uno dei massimi esponenti mondiali del Lighting Design.

Come definirebbe la sua professione? Quali sono gli ambiti progettuali di competenza di un lighting designer?
Il  lighting designer, meglio definito come illuminotecnico, studia la propagazione e la diffusione della luce nello spazio. Elencare gli ambiti progettuali sarebbe riduttivo poiché luce e architettura sono inscindibili, di conseguenza la progettazione illuminotecnica segue in parallelo la progettazione architettonica. Ricordiamoci che la vista è uno dei sensi principali che abbiamo, di conseguenza una buona qualità della luce produce benessere. La competenza del lighting designer consiste nel distribuire in modo corretto la luce nello spazio: la giusta luce per il giusto compito visivo.

Quale è stato il suo percorso formativo?
Conseguita la laurea in Disegno Industriale presso l'Università "La Sapienza" di Roma è seguito un Master di 1°livello del Politecnico di Milano, in "Design and Technologies of Lighting". Subito dopo la laurea, il lighting design diventa la vocazione. A Firenze, la tesi universitaria presso Targetti - un brand leader nel settore del lighting design. Durante il Master a Milano, l’incontro con un vero maestro del lighting design italiano tradizionale, l’architetto Piero Castiglioni. Da quel momento in poi nascerà una collaborazione affidabile e inestimabile che dura ormai da più di dieci anni. Il primo progetto come Lighting Designer per lo studio dell’ Architetto Piero Castiglioni, è stato il rinnovamento del quartiere urbano di Milano Portello, un intervento di 250.000 m2. Durante questa cruciale esperienza, l’incontro con alcuni professionisti della scena internazionale: Gino Valle, Cino Zucchi, Guido Canali, Charles Jencks e Andreas Kipar. Altra esperienza con un intervento su larga scala urbana, è stata la progettazione illuminotecnica di uno dei più importanti siti globali del patrimonio culturale dell'UNESCO - i Fori Imperiali di Roma.

Quale percorso formativo consiglierebbe oggi ad un giovane aspirante lighting designer?
In questa professione, oltre la formazione accademica, è importante avere un ampio bagaglio culturale, sviluppare un’attenta capacità nell’osservare e avere un’acuta curiosità.

Fra le tante realizzazioni che ha compiuto quale progetto le ha dato più soddisfazione artistica?
Ritengo il termine artistico forviante. La progettazione illuminotecnica e la progettazione di luce artistica sono due cose ben separate. Lucio Fontana con l’installazione “Arabesco Fluorescente” scultura spaziale luminosa ed illuminante per lo scalone di onore del Palazzo della Triennale in occasione della IX esposizione, nel lontano 1951, è stato un pioniere. Gli artisti sono liberi dai condizionamenti dati dalla
logica dell’uso e della funzione, il lighting designer non ha queste libertà, poiché il progetto parte da un’attenta analisti storico – ambientale – culturale, non può scindere il progetto dal contesto. L’illuminazione della Pagoda a Chi Lin Nunnery, Hong Kong, sicuramente al momento è stato il progetto più suggestivo e l’aver stravolto completamente il modo di concepire l’illuminazione di tali costruzioni è stato molto stimolante.

Crede che in Italia la figura del lighting designer venga riconosciuta?
In un’intervista, lo scenografo Giancarlo Basili alla domanda “Le città italiane hanno l’illuminazione che meritano?” risponde “Penso di no. A causa del mio lavoro nel cinema, mi sono trovato spesso a fare dei sopralluoghi nelle piazze o nelle strade di città anche importanti, prima di allestire un set, e la maggior parte delle volte troviamo che le luci sono sbagliate. L’illuminazione di un ambiente esterno o interno, è sempre molto difficile. Se, però, arrivi in un posto e trovi la luce sbagliata, sei a disagio, stai male.”
In Italia la cultura della luce non è ancora molto diffusa, soprattutto in ambito urbano e dell’abitare. Si preferisce una seduta comoda alla qualità della luce. Per quanto tempo i
vostri occhi sono sottoposti alla luce elettrica? Il comfort visivo è importante perché agisce sul nostro benessere psicofisico. Al contrario, nell’ambito del retail, dei musei, degli uffici e nei luoghi di culto, la figura del lighting designer è sempre più richiesta.

Da cosa si lascia ispirare di più nel suo lavoro? Pensa che i social media, Instagram in particolare, possano stimolare la creatività del lighting designer?
Credo di no, l’ispirazione viene dall’osservazione, più è acuta la capacità di osservare, più saranno le ispirazioni tratte. Osservare i rapporti umani, le loro dinamiche e le loro interazioni sociali, osservare il paesaggio mentre si fa una passeggiata, vivere la vita è la maggiore fonte di ispirazione. I social, Instagram in particolare, sono solo un mezzo di comunicazione immediato, diretto, istantaneo, dove l’osservazione è di tipo “passivo” e non stimolante. Sicuramente utili nel nostro settore, le dirette Instagram fatte dagli studi di architettura, dagli architetti, dalla Triennale di Milano, dai Musei, ... durante il lockdown.



Lighting Designers 1 - Marco Filibeck